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Corrispondenze e modelli di pensiero analogico: dall’interpretazione della realtà alla praxis magica

Quando abbiamo aperto la sessione di domande a metà gennaio, due quesiti in particolare ci hanno suscitato perplessità e riflessione. Riporto qui sia le domande sia le relative risposte, al fine di sviluppare un’analisi più ampia del concetto di “corrispondenze e analogie” nel contesto della magia.

“Candele: perché colorarle? Qual è lo scopo? Simbolico? Agli Spiriti interessa veramente se una candela è bianca o verde?”

Non è chiaro se la domanda sia stata posta con intento genuino o provocatorio. In ogni caso, l’uso del colore nelle pratiche magiche si inserisce all’interno di un quadro metodologico più ampio, noto come corrispondenze, che si fonda sul pensiero analogico.

Da millenni l’essere umano ha cercato di identificare le Virtù occulte degli Spiriti negli elementi naturali – piante, animali, profumi, colori, numeri… – e di utilizzare queste conoscenze per evocare, placare o comunicare con Spiriti e Divinità. Se tale metodo fosse stato privo di efficacia, si sarebbe abbandonato secoli fa! La sua persistenza dimostra sia il valore che gli è stato attribuito nel tempo, sia l’efficacia.

D’altro canto, in qualsiasi cultura, la magia è una techné regolata da principi e strutture metodologiche ben definite, dedotte da ciò che fa parte del Sacro – Riti, Miti, linguaggio simbolico, per citare alcuni elementi. Ogni Tradizione ha il proprio corpus, ma il pensiero analogico resta alla base dell’interpretazione che l’umanità dà al Sacro: la metodologia è comune, le conclusioni sono differenti.

Ciò non significa che l’individuo non possa scegliere di discostarsi dalle pratiche tradizionali o dai sistemi di corrispondenze tradizionali: adottarle o meno è un ambito che, a nostro avviso, riguarda gnosi e scelte personali. Tuttavia, è impossibile silenziare le analogie: sono una componente fondamentale del pensiero umano. Perciò è possibile rigettare le corrispondenze come le conosciamo nel pensiero magico occidentale… ed è impossibile prendere le distanze da quella parte di pensiero che ci induce a cercare analogie e similitudini, corrispondenze, fra la nostra esperienza terrena e il Trascendente, fra la Natura e il Cosmo. Negare questa ricerca, la cui finalità è esplicativa, significa rifiutare che la religione (il culto, la via spirituale) che si pratica possano fornire risposte (per quanto culturali e parziali) a questioni esistenziali!
A questo punto, religione e magia cosa diventerebbero? Quale ruolo avrebbero?

Una riflessione sul pensiero analogico è cruciale. Cercando una definizione rigorosa, ho trovato un’analisi significativa nel Progetto Aral, dedicato allo studio dell’algebra, che illustra il pensiero analogico come un processo di riconoscimento di somiglianze tra elementi e relazioni che intercorrono tra essi in contesti distinti. Tale pensiero non si limita a individuare corrispondenze superficiali, ma struttura la conoscenza attraverso la creazione di modelli di interpretazione della realtà.

Il pensiero analogico è l’attuazione di un processo di riconoscimento di somiglianze tra oggetti e relazioni che li collegano collocati in situazioni diverse, spesso riferite a contesti esperienziali anche distanti tra loro. […] Quello che emerge come effetto del riconoscimento di un’analogia è l’oggettivazione di una sorta di identità delle relazioni intercorrenti tra gli oggetti nelle due situazioni, con l’azzeramento delle differenze tra i caratteri degli oggetti stessi.
[…]

Ma la forza del pensiero analogico sta nella capacità di attivare il trasferimento di relazioni e proprietà dall’interno di un dato contesto esperienziale ad un altro, meno noto, nel momento in cui quest’ultimo venga riconosciuto come somigliante/analogo al primo.
[…]
Il riconoscimento di analogie è un processo di pensiero molto forte, ed è documentato come gli allievi tendano a forzare in un unico schema situazioni solo parzialmente analoghe. Sarà perciò opportuno che gli insegnanti portino i bambini a riconoscere non solo le analogie tra situazioni ma anche ad esplicitare le differenze, allo scopo di minimizzare un uso improprio del ragionamento analogico.
L’attivazione corretta del pensiero analogico porta al riconoscimento di analogie strutturali e, cosa ancora più importante, all’oggettivazione della struttura, ossia dello schema astratto sottostante le varie situazioni, che si genera proprio dall’accostamento di tali situazioni.”

Pensiero Analogico

Typus Sympathicus Microcosmi cum Megacosmo, sive signaturis Plantarum, cum figuris humani corporis membris exprimens (Schema Simpatico del Microcosmo con il Megacosmo, ovvero le segnature delle Piante espresse in relazione alle figure delle membra del corpo umano).
In Mundus Subterraneus (1664-1665) vol 2, di A. Kircher.

Il pensiero religioso e magico si basano su questa logica analogica: si tratta di interpretare, influenzare, comprendere e interagire con una struttura trascendente mediante l’impiego di strutture note. Parole, suoni, gesti, qualità tangibili e misurabili degli elementi naturali (piante, minerali, animali, numeri, fasi lunari, ciclo del sole…) diventano strumenti per accedere a dimensioni invisibili.

Il sistema delle corrispondenze attualmente in uso nella magia occidentale è il risultato di un processo storico e culturale stratificato. Le formulazioni moderne delle corrispondenze derivano in gran parte dalla tradizione magica occidentale del Rinascimento e del Medioevo, che a sua volta ha recepito concetti dal Neoplatonismo, dall’Ermetismo e dalle tradizioni magico-religiose ebraiche e islamiche, che a loro volta le hanno ereditate dal pensiero filosofico greco (si veda Platone)… che probabilmente le ha ereditate dal Vicino Oriente (dai Caldei?). Tuttavia, il concetto di corrispondenza nell’antichità aveva un significato più ampio e profondo rispetto alle moderne tabelle di associazione, spesso ridotte a meri elenchi di sostituzioni da saccheggiare a piacimento.

Infatti nei grimori e nei testi ermetici, l’idea di corrispondenza non si limita a prescrivere l’uso di determinati elementi in funzione simbolica. Le corrispondenze hanno un valore mistico e misterico. Sono il tentativo di comprendere, attraverso l’osservazione delle cose che un Ente Trascendente impregna delle sue virtù, la natura ultima di questo Ente. Sono un modo per interpretare e osservare la realtà, di decifrare la Natura, per scoprire l’origine della vitalità e delle qualità infuse nelle sue parti. Questo è il riflesso di una credenza, che possiamo vedere come una forma di animismo, in un Cosmo vivo e organismo vivente, inconoscibile nella sua infinita grandezza e complessità, nella sua stratificazione di livelli di esistenza, dal più terreno al più trascendente, che pur tuttavia continua a esprimersi in maniera ininterrotta ad ogni livello, in ogni cosa, replicando e moltiplicando la propria natura.

Perciò quando l’Ermetismo o i grimori parlano di corrispondenze, e suggeriscono per esempio che un talismano di Marte debba essere inciso su ferro, non stanno elencando delle convenzioni, ma riferendosi a credenze (spesso corredate da narrazioni non palesate) che associano il ferro a Marte perché in tale materiale si vedono incarnate alcune delle sue Virtù. Lo stesso discorso si può fare per l’immagine da incidere, composta in modo che sia famigliare agli Spiriti che di Marte agiscono le Virtù, affinché si possano riconoscere in essa e vivificarla.

Le corrispondenze non sono quindi una decorazione accessoria del rituale, né l’espressione di un pensiero meccanicistico (che ha fatto il suo ingresso nella magia, ma sul finire dell’Illuminismo). Dal mio punto di vista è necessario, se non fondamentale, tornare a una visione incantata della realtà, usando il pensiero analogico per (ri)abituarsi a una riflessione che tenga in più alta considerazione l’idea che la Natura sia pregna di Virtù e di Spiriti vivificatori. Le corrispondenze, in quest’ottica, altro non sono che una mappa per sapere dove guardare, a cosa rivolgersi, quando si cerca un certo tipo di Spiriti, se ne chiama il potere, o se ne domanda il servizio.

Il fatto che le corrispondenze siano state popolarizzate da molti libri di magia scritti in maniera elementare e privi di veri elementi misterici non significa che il metodo sia stupido o inutile in sé. Così come il fatto che oggi si possano reperire candele colorate con estrema facilità non implica che l’uso dei colori sia un’invenzione moderna. Per fare un esempio stupido, Leonardo DiCaprio ha vinto il suo primo Oscar solo nel 2016, ma ciò non implica che non facesse l’attore già dal 1991. E Lo so, è un esempio sciocco, ma rende bene l’idea: il riconoscimento ufficiale o la diffusione di una cosa in un determinato momento non significa che essa non esistesse già da tempo.

Il Ghāyat al-Ḥakīm (Picatrix), ad esempio, documenta l’utilizzo di cere colorate ed è datato alla prima metà del XI secolo. Nel capitolo IV si parla delle immagini talismaniche delle Dimore Lunari, e per Al-Butain è specificato l’uso di cera bianca.
Vogliamo dire che la cera bianca era una cosa facile da ottenere, perché per sbiancare la cera d’api è sufficiente esporla ai raggi caldi del sole, quindi si sta solo intendendo “cera chiarificata anziché grezza”? Molto bene, per Al-Dabaran è prescritta cera rossa.

Temperamentenrose (La rosa dei temperamenti).
In Studie zur Farbenlehre (1798) , di J. W. von Goethe e F. Schiller.

Certamente, le tecniche di colorazione erano più costose e complesse rispetto a oggi, ma ciò non determina che fossero inesistenti, o che la pratica odierna di colorare le cere sia priva di fondamento. Possiamo dire che è improbabile che tutte le luci impiegate in tutti i riti fossero cere colorate: di fatto abbiamo ampia menzione di lampade ad olio, molto diffuse erano le candele in sego, mentre più rare e costose quelle in cera d’api. Tuttavia, il colore era rilevante per altri aspetti (inchiostri, paramenti, pietre…) e questo ci fa intendere come estenderlo alle candele, oggi più facili da reperire con diverse colorazioni, sia solo un’estensione logica di un pensiero analogico consolidato in un metodo operativo.

Non c’è nulla di sbagliato nel rispettare una codifica tradizionale, quindi, soprattutto ora che le risorse per farlo sono più facilmente accessibili. Analogamente, non vi è nulla di errato nell’impiegare una candela di pura cera d’api per un rituale dedicato a Saturno, anche se la tradizione associa a tale pianeta il nero, il viola o il rosso mattone. L’importante è comprendere che il valore del colore, come di ogni altro elemento rituale, risiede nella coerenza con il sistema analogico di riferimento.

Questo detto, c’è stata anche la

“Nella tradizione norrena dove trovo le corrispondenze di colore? E le altre tipo animale, direzione o simili?”

Questa domanda, arrivata a stretto giro dopo la nostra risposta alla prima, ci ha dato la sensazione di sottintendere che le corrispondenze sono limitate ai colori delle candele e che siano una questione legata all’esoterismo, e non considerata nei culti pagani – ignorando, quindi, il pensiero analogico alla base dei processi religiosi.

Di sicuro il concetto di “corrispondenze” oggi è viziato da una visione ermetico-centrica, ma soprattutto occidentalocentrica e, non di rado, ricondotta alla mitologia greco-romana. Poiché la Magia del Rinascimento ci ha in effetti lasciato in eredità un approccio perennialista e la riduzione agli elementi fondamentali della Filosofia Naturale e dell’Ermetismo (i Pianeti e i Quattro Elementi), non è raro finire per pensare che tutte le divinità di un certo popolo siano interpretabili attraverso i Pianeti e gli Elementi – ovviamente un gravissimo errore.

Heimdallr rappresentato con elementi mercuriali nel manoscritto islandese del XVIII NKS 1867 4to, oggi conservato alla Danish Royal Library di Copenhagen.
Raffigurazioni come questa rendono evidente come un processo di sovrapposizione di archetipi, Divinità e motivi simbolici tradizionali e connotati in funzione alle diverse culture europee, stessero subendo un accavallamento con elementi mitologici greco-romani , riletti attraverso il perennialismo e la lente della filosofia del Rinascimento, già molti secoli fa.

Nel contesto della tradizione norrena, come in ogni altra tradizione pagana, la questione delle corrispondenze deve essere affrontata con una metodologia differente rispetto alla tradizione ermetica occidentale.

Freyja, spesso assimilata a Venere, e descritta come una Dea dell’amore e della bellezza, riveste funzioni che vanno ben oltre questi ruoli: è connessa alla guerra, alla magia seiðr e alla sfera della morte. Il suo colore predominante potrebbe essere il blu, non il verde; i suoi animali sacri includono il falco, la lince e il cinghiale, piuttosto che la colomba. Un ragionamento simile potrebbe essere fatto anche per le associazioni di Mercurio a Odino, di Giove a Thor, e così via: troncano l’ampiezza di significati veicolati da queste divinità, riducendoli a uno schema non proprio della cultura in cui sono nate.

Individuare le corrispondenze nel contesto norreno richiede un’analisi filologica delle fonti mitologiche e rituali. Il pensiero analogico è presente, ma si manifesta attraverso la cultura simbolica del popolo norreno, non attraverso modelli derivati da altre tradizioni. Per trarre conclusioni valide, è necessario esaminare miti, pratiche cultuali, iconografia e reperti archeologici, piuttosto che applicare modelli di derivazione esterna.

Ci sono precisi sistemi di analogia, o corrispondenza, in ogni cultura, perché religione e magia sono, alla base, espressioni del pensiero analogico – ma non si possono adottare schemi preconfezionati.

Per fare questo, l’approccio corretto è l’adozione dei parametri della Tradizione a cui ci si sta riferendo, evitando di sovrapporre strutture interpretative estranee alla sua logica interna. Si leggano dunque i miti, si comprenda la cultura, si studino i riti e le pratiche magiche tramandati e le narrazioni, mettendo in luce il metodo di pensare alla vita e al Sacro adottato da quello specifico popolo… e lo si adotti, con coerenza.

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