Mitologia & Magia Norrena

Loki: il potere della voce e del fuoco

Loki si distingue dagli altri Dei come figura liminale: ingannatore e mutaforma, spesso associato al disordine, è però un’intelligenza creativa essenziale.

Una delle rappresentazioni più iconiche di Loki è quella con le labbra cucite, simbolo della sua punizione e del controllo repressivo che gli Dei cercano di esercitare su di lui, di fatto silenziandolo.

Come Rooth (1961) evidenzia nel suo studio – teoria ripresa anche da Wanner (2012) – la bocca di Loki è uno strumento di potere: attraverso la bocca egli tesse inganni, risolve situazioni complesse e assume un ruolo tanto di distruttore quanto di mediatore. È grazie alla sua lingua tagliente e alla forza sua favella che Loki si distingue nel mito, incarnando tanto il caos quanto la possibilità di riordinarlo.

Il simbolismo delle labbra cucite è stato a lungo messo in secondo piano, perché, a differenza di figure come Odino o Heimdall – le cui mutilazioni sono lette in chiave iniziatica – quella di Loki è considerata una punizione. Per questo motivo, non è stata tradizionalmente vista come un attributo divino. Tuttavia, in una tradizione che pone grande attenzione alle modificazioni corporee – si pensi all’occhio di Odino, l’orecchio di Heimdall, la mano di Tyr, la lingua di Bragi – tali mutilazioni sono senza ombra di dubbio emblemi distintivi delle divinità. Così, anche la cucitura delle labbra di Loki non può essere passata in secondo piano.

Alla luce di questa riflessione, alcuni reperti archeologici che mostrano tre linee verticali sulla bocca (interpretate come cuciture) sono stati rivalutati, permettendo di riconsiderare il ruolo di Loki come divinità non così marginale o priva di culto.

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La pietra, usata come parte di una forgia, suggerisce un legame tra Loki e il fuoco trasformativo proprio del processo di forgiatura. Non si tratta del fuoco domestico – simbolo di ordine e stabilità, come osserva anche Isnardi (1991) – bensì del fuoco sacro, liminale e dunque pericoloso della forgia, capace di smembrare la materia per riforgiarla. Loki emergerebbe quindi non è solo come divinità del caos, ma come mediatore tra distruzione e creazione, una forza trasformativa che agisce con forza evidente nel complesso e specializzato processo metallurgico.

Un secondo importante reperto è il pendente in argento a forma di maschera ritrovato nel 2015 presso Øster Lindet (Jutland meridionale). Il volto stilizzato presenta occhi sporgenti, naso pronunciato, baffi estesi e tre linee verticali sulla bocca, identiche a quelle della pietra di Snaptun. Il ritrovamento è stato interpretato da Schaadt e Grundvad (2016) come la prima rappresentazione amulettistica conosciuta di Loki.

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Il dettaglio delle labbra cucite potrebbe quindi essere a ragione un attributo iconografico distintivo del dio. Non solo richiama il mito della punizione, ma sottolinea il legame tra Loki e il potere del linguaggio: leggendarie sono la sua eloquenza, l’astuzia, la capacità di persuadere, ingannare, provocare il cambiamento. Come osserva Kevin J. Wanner, la “bocca” è per Loki un segno distintivo tanto quanto l’occhio singolo lo è per Odino.

La maschera di Øster Lindet non è un caso isolato, ma si associa a diversi altri reperti divenuti oggetti di indagine e rianalisi negli ultimi anni:

  • la maschera d’argento di Gnezdovo (Russia, 1883);
  • la maschera di Bagterp (Vendsyssel), con un occhio accentuato che suggerisce Odino (sebbene non sia chiaro se trattarsi di un danno del tempo o la caratteristica voluta: nel primo caso andrebbe classificata in modo diverso rispetto a “maschera di Odino”);
  • altri esemplari scandinavi datati tra l’800 e il 1000 d.C. (alcune decine, non ancora attribuiti)

Secondo Grundvad e Schaadt (2016) capire quai divinità sono rappresentate su queste maschere può essere fatto osservandone i tratti distintivi: labbra cucite per Loki, occhio mancante per Odino, etc. Alcune erano probabilmente prodotte in serie e circolavano come oggetti di protezione, talismani e forse offerte rituali.

La presenza di questi oggetti apre il dibattito su una possibile venerazione di Loki:

  • come divinità da placare, e quindi a cui fare offerte per renderlo non ostile, com’è per i landvættir
  • come “spirito del fuoco” da contenere e alimentare nella forgia, dandogli uno scopo per non renderlo pericoloso per la società, e al contempo riducendolo a funzionalità ed efficienza
  • come mediatore tra i mondi, si vedano Heide (2011) e Wescott (1962), e dunque portatore di trasformazione, movimento, consiglio, soluzioni o pericolo

Gli studi citanti invitano dunque a superare la rigida dicotomia tra bene e male. In un contesto religioso non dualista come quello norreno, Loki potrebbe essere stato percepito sì come figura ambigua (ma necessaria), ma anche in grado di offrire protezione proprio attraverso la sua pericolosità.

Inoltre, alla luce dei reperti materiali (la Snaptun Stone, l’amuleto di Øster Lindet, e gli altri amuleti), dalla maggior parte degli studiosi letti come relativi a Loki, egli emerge non come divinità secondaria o priva di importanza, ma come figura degna di venerazione (come testimonia anche la favola danese Loka Táttur) e rilevante nell’ambito liminale della forgiatura. La sua immagine, portata al collo o scolpita nella pietra, non testimonia necessariamente un culto formalizzato, ma suggerisce un suo più ampio coinvolgimento all’interno del contesto religioso e sociale norreno.

Loki perciò non è solo agente del caos, ma colui che – con la sua bocca – plasma i destini, forgia strumenti, muta la forma delle cose. E forse proprio per questo, era necessario ingabbiarlo con un filo di cucitura: non sono forse il suo potere e le sue virtù, quando si trasformano in difetto, più terribili di una spada affilata?

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Aggiornamento di due articoli originariamente apparsi sul nostro Instagram
Una curiosità su Loki (22 Marzo 2022)
Un’altra curiosità su Loki: il rosso (31 Marzo 2022)

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