Sciamanesimo

Note sulla chiamata sciamanica e i suoi agenti: ha ancora senso nel mondo contemporaneo?

Prima di addentrarci nell’articolo: eccetto dove segnaleremo le differenze, utilizzeremo il termine “spiriti” (minuscolo) in senso lato e generale, per indicare sia gli Spiriti propriamente detti, che Divinità, o Antenati. Cerchiamo di tenere sempre a mente che lo Sciamanesimo come tecnica si inserisce all’interno di altri contesti religiosi, e che quindi i termini della chiamata sciamanica devono essere analizzati nei casi individuali.
Allo stesso modo, utilizziamo il maschile come genere neutro, ma in alcuni contesti esistono sciamanesimi diversi per le donne e per gli uomini, o sole sciamane donne o solo sciamani uomini.

Eviteremo di riportare per l’ennesima volta la definizione di chiamata sciamanica, limitandoci a ricordare come sia quel primo rituale di passaggio che segna il futuro apprendista sciamano, e che può constare di una malattia psicologica o fisica dilaniante, che rischia di portarlo alla morte, ma che viene sconfitta (talvolta, grazie all’intervento degli spiriti). Possiamo quindi inquadrarla come una forma di “elezione” dell’apprendista sciamano (e non dello sciamano già formato!) soltanto in alcune società. In altre, questa elezione è assente, perché passa attraverso altre vie, che adesso analizzeremo.

Senza contare che dove esiste una chiamata elettiva da parte di identità appartenenti al trascendente, spesso esiste anche la possibilità per l’individuo ispirato, ma non chiamato ed eletto, di intraprendere un percorso sciamanico. A questa persona si riconosce pari dignità, ma potere inferiore.
Esistono anche casi di apprendisti eletti attraverso chiamata, ma che la hanno rifiutata, o che non si sono dimostrati degni, o che sono risultati incapaci di sviluppare il contatto mistico richiesto o di rispondere alle esigenze della comunità, venendo di fatto sostituiti.

Questo pippone introduttivo sia per fare una panoramica etnografica, sia per depotenziare questa fissazione per la chiamata, dal momento che raramente esistono vie obbligate . Se ci pensate, questo è particolarmente logico per lo sciamanesimo: se lo sciamano è un eletto, è una sorta di anomalia all’interno della sua società, e non è detto che ogni generazione presenti uno sciamano efficace nella sua attività! Per quelle comunità per le quali la mancanza di uno sciamano è una tragedia, perché impedisce l’espressione di una parte fondamentale del contatto con il Sacro o della pratica magica, è ovvio che altre vie fossero aperte, affinché anche i non “toccati dagli spiriti” potessero ricoprire una carica socialmente necessaria.

In una società Occidentale non sciamanica, non tribale, in cui l’individuo ha totale libertà di religione e non è sempre prevista una religiosità comunitaria… ha ancora senso parlare di chiamata sciamanica e di elezione dell’individuo, e farlo in termini di “malattia”, “crisi epilettiche”, e via dicendo? No, ma dobbiamo fare un passo indietro per spiegarci meglio.

La chiamata sciamanica, in genere, si associa a uno stato di malattia riconosciuta sacra dalla società, di solito epilessia o alcune psicopatologie (i cui tratti specifici, secondo l’etnografia, sono stati allucinatori e di dissociazione).
Questo tipo di malattie emergono di solito durante la pubertà, o sono ereditarie. Non è quindi un caso se le vie preferenziali per l’accesso all’apprendimento dello sciamanesimo siano, in molte società tribali, da un lato il cadere preda di questi stati durante la pubertà (quando si sviluppano la maggior parte delle psicopatologie) o dall’altro ereditare la professione (così come molte psicopatologie sono ereditarie).

Nelle società tribali quindi coesistono varie forme di trasmissione dell’arte sciamanica:

  • in alcuni casi, la chiamata sciamanica non esiste, perché la trasmissione dello status di sciamano passa per altre vie, per esempio…

  • l’ereditarietà vera e propria, che consiste in un passaggio di professione dal padre a un figlio scelto, o dallo sciamano a un suo famigliare, e che implica non solo la trasmissione di un potere propriamente riconosciuto come magico, ma anche di strumenti e segreti dell’arte; a proposito di questo: notare come lo Sciamanesimo si associ, in molti casi, ai segreti del fuoco e alla forgiatura

  • la libera scelta personale, da parte di individui al di fuori di qualsiasi lignaggio e che non manifestano i segni della malattia sacra, pur risultando ispirati al misticismo e abili nel dimostrare l’efficacia del loro operato; in alcune tribù, l’individuo che liberamente sceglie di seguire la via sciamanica viene considerato meno potente dello sciamano che eredita la professione o che viene chiamato, e in altre tribù gli si ascrive pari rango, purché superi le medesime prove

  • la chiamata sciamanica propriamente detta, che consiste nel manifestarsi di una malattia sacra, una prima ordalia iniziatica a seguito della quale inizia l’apprendistato; ciò non sottrae l’apprendista alle ordalie attraverso le quali dovrà dimostrare la propria dignità e il proprio potere, e quindi la chiamata non garantisce l’accesso automatico allo status di sciamano

E, sia per quanto riguarda la chiamata sciamanica che la trasmissione dell’arte sciamanica, esse devono essere ascritte all’azione di:

  • Spiriti, che toccano il candidato con una malattia o una prova mortale, segnalando alla comunità che ha l’attitudine per essere un apprendista. In molti casi, si tratta di Spiriti di animali e l’ordalia si configura come una fuga nel bosco, seguita dallo smarrimento della via (e dell’identità umana) e il ritorno alla comunità con un nuova identità o consapevolezza

  • Divinità, se il contesto tribale le prevede, ricordando che in questi casi gli Spiriti sono quelli propri del mondo animale, vegetale e minerale, e le Divinità agenti trascendenti dotati di apparenza e comportamento “umanoide”. Quando la chiamata arriva dalle Divinità è in genere sotto forma di psicopatologia, epilessia o altra malattia riconosciuta sacra

  • Antenati, soprattutto nei casi in cui lo sciamanesimo sia trattato alla stregua di una professione ereditata, o laddove sussista la credenza che il nuovo sciamano sia colui nel quale l’anima di uno sciamano passato si reincarna. Gli Antenati comunque possono non limitarsi a questa funzione di trasmissione del potere sciamanico o dello status, ma fungere come consiglieri per la scelta del figlio a cui far ereditare la professione; non di rado questa scelta salta una generazione (cioè la professione si passa dal nonno al nipote), fra l’altro seguendo un pattern ricorrente delle psicopatologie, perché il figlio deve provvedere alle necessità del genitore e del figlio, in quanto futuro sciamano

In tutti i casi comunque, l’ultima parola va agli spiriti, che accettano o rifiutano il candidato. Se gli concedono le proprie benedizioni, egli potrà partecipare del loro potere e quindi risultare efficace nelle sue guarigioni, ispirato consigliere, abile viaggiatore fra i mondi e messaggero fra gli spiriti e la comunità. Se verrà rifiutato, tutto il suo operato sarà sbagliato o inefficace, e dunque la comunità non gli riconoscerà lo status di sciamano che – lo vogliamo ricordare ancora una volta – rappresenta un doppio riconoscimento: dagli spiriti, che rendono lo Sciamano tramite del loro potere, e dalla comunità che vede quella dignificazione e le attribuisce un ruolo sacro.

Uno sciamano deve dunque essere funzionale: dalla sua eventuale malattia, che viene inquadrata come sacra, contenuta e indirizzata perché sia punto di forza proprio e della comunità; ai suoi strumenti, che hanno un duplice valore terreno e metafisico, e che devono poter agire in tutti i Mondi; al suo potere, che deve essere efficace e dimostrare risultati pratici. Se lo sciamano non è funzionale, semplicemente non è uno sciamano.

Ma quindi, nella società occidentale contemporanea, esiste la chiamata sciamanica?

Secondo noi, non nei termini in cui è presente nelle società tribali, anche solo perché per noi la psicopatologia ha un valore estremamente diverso e non ha più bisogno di ricevere un inquadramento sociale, poiché è riconosciuta scientificamente e di conseguenza trattata.

Tuttavia, ci sembra estremamente sciocco negare a priori la “chiamata” (in senso lato), dal momento che lo scopo stesso della Religione della Mistica, di qualsiasi tempo e area geografica, è il contatto con lo Spirito trascendente, al fine di riceverne guida, ispirazione o trasmissione di potere per agire sulla realtà tangibile.

Quindi sì, secondo noi è possibile una sorta di “chiamata” (vogliamo chiamarla “ispirazione”?) che però avviene per altre vie e in altre modalità, soggettive per ogni persona… e quindi prive di quel valore comunitario che la malattia sacra aveva in passato. Di conseguenza hanno senso sì, nel percorso della narrativa psicologica, magica, quotidiana individuale, e solo in quello. Possono essere una guida per il praticante per capire come crescere nel proprio percorso mistico, cosa fare e cosa non fare, dove ha senso andare e dove ha senso lasciare, e via discorrendo.

L’ordalia, fra i tanti aspetti arcaici che ha conservato, uno lo ha perso: non più necessario che dimostrare dignità ed efficacia alla comunità, ma dimostrarla a sé stessi. Paradossalmente, questo richiede un più alto grado di oggettività, di indagine, di introspezione, perché ingannarsi, vestendo un fallimento a festa come fosse un risultato, è molto più facile che accettare l’errore e usarlo come trampolino di miglioramento.

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