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Stregoneria,  Magia Cerimoniale

Le Terre di Cimitero e Sepoltura

Vista la grossa confusione che abbiamo rilevato in diversi contesti riguardo il lavoro nel cimitero, la terra di cimitero, la terra di sepoltura, le pratiche necessarie a raccoglierle e il senso dell’averle fra gli strumenti a disposizione tanto per la pratica devozionale che per quella magica, abbiamo ritenuto necessario un articolo chiarificatore – che da un lato fornisca delle informazioni basilari, e dall’altro rompa questo alone di silenzio e queste mistificazioni, che ridicolizzano un tema rilevante tanto nella pratica della stregoneria, quanto della magia cerimoniale.

Con questo, non intendiamo spingere nessuno a compiere atti illegali o vilipendio di tombe: la raccolta della terra di cimitero, e il servizio nel cimitero, non costituiscono di per sé vilipendio.

Iniziamo quindi a chiarire la normativa e cosa non deve essere fatto all’interno di un cimitero (anche perché non necessario alla prassi rituale e devozionale).

Quanto segue in riferimento ai cimiteri consacrati secondo qualsiasi usanza religiosa.

L’articolo 404 della Costituzione Italiana, intitolato “Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio e danneggiamento di cose” recita:

«Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni.»

In parole povere: se non vi è un atto voluto di offesa (anche verbale) o danneggiamento volontario di qualunque cosa si trovi all’interno del cimitero (mura comprese), non sussiste alcun tipo di reato (la dispersione riguarda, nello specifico, le ceneri dei defunti cremati). Ovvero se accidentalmente si danneggia qualcosa, non vi è reato, previo comunicarlo al custode.

Per cui, prima regola: non danneggiare niente nel cimitero, non bestemmiare, evitare atti di vandalismo, non disturbare la quiete dei morti e dei vivi.

L’articolo 408 della Costituzione Italiana, intitolato “Vilipendio delle tombe” regola, nello specifico, il diritto di ciò che attiene al luogo di sepoltura, sia esso interno od esterno al cimitero:

«Chiunque, in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, commette vilipendio di tombe, sepolcri o urne, o di cose destinate al culto dei defunti, ovvero a difesa o ad ornamento dei cimiteri [724 2], è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.»

Cioè non danneggiare la lapide, la bara, la fotografia, i fiori, qualsiasi cosa appartenga ai defunti, ai loro parenti o al suolo comunale.

Seconda regola: non rimuovete niente dalle tombe, dove per niente si intende neanche i fiori. È chiaro che pulire la fotografia di una tomba qualunque non è un atto vilipendioso, così come non lo è rabboccare l’acqua ai fiori o rimuoverli se sono marci. Tutto quello che rientra nella “manutenzione” della tomba (e del cimitero), cioè pulirla, rassettarla, scopare la lapide, cambiare i fiori, portare dei fiori, accendere una candela, e così via, non rientra in nessun modo né maniera nel vilipendio – oppure nessuno potrebbe andare sulla tomba di parenti distanti o vicini nella linea di sangue a rendervi omaggio.

Fissate queste due regole fondamentali, è necessario chiarire un altro punto basilare.

Al fine della raccolta della terra di cimitero non è necessario in alcun modo danneggiare il luogo, la tomba o il cadavere di qualcuno, in quanto – lo dice la parola stessa – si va a raccogliere la terra appartenente al cimitero, ovvero il suolo.

Il fatto che il suolo dei cimiteri sia benedetto secondo regole che non appartengono alla propria religione (ammettiamolo: la maggior parte sono cimiteri cristiani, e la terra di cimitero la usano, in genere, i pagani e gli esoteristi) non è di per sé un limite. Può infastidire a livello etico o morale che il luogo sia consacrato al Dio cristiano (vista l’assenza quasi totale di luoghi di sepoltura per altre confessioni religiose), ma a livello magico fa poca differenza. Di fatti è la propria prassi religiosa e rituale che consentirà di arrivare a raccogliere la terra di cimitero, non i dettami di un’altra fede. L’accento deve essere posto sulla corretta prassi rituale tradizionale seguita dall’individuo, poiché è quella a permettere il contatto con gli Spiriti e le Divinità che egli venera. Bisogna uscire dalla chiusa mentalità (cristianeggiante) per cui ha importanza ciò che fa la collettività, a discapito delle azioni compiute dalla singola persona: la magia ribalta questo concetto, perché pone il Mago come centro ideale del suo Universo. Questo, per altro, prescinde dal rispetto dovuto (anche se su questo punto avremmo molto da obiettare) a tutte le altre religioni, in ogni loro componente: luogo di culto, ministri di culto, fedeli e defunti.

Il fatto che il cimitero sia un luogo di per sé benedetto non comporta un limite alla raccolta della terra di cimitero, né garantisce che tutti gli Spiriti che vi risiedono siano “in pace”, “pacifici” o “benevoli”. Una tomba è una tomba, e la tomba è il luogo in cui l’anima del defunto risiede, o che funge da collegamento. È una credenza unicamente cristiana che una volta sepolto il morto e compiuto il funerale, l’anima sia in pace e relegata ad un luogo dal quale non può tornare in alcun modo (e neanche questo è sempre vero, considerato che, soprattutto in sud Italia, è credenza comune che l’anima del defunto torni a salutare i vivi in sogno, in periodi specifici dell’anno o durante le loro visite al cimitero). Inoltre, quando il trapasso non è sereno (incidenti, lunghe malattie, questioni in sospeso), non è sufficiente una semplice benedizione e la prassi funeraria perché l’anima trovi riposo, e questo tema riguarda tanto le religioni “pagane” quanto quelle abramitiche – ne è un esempio l’insidioso dybbuk della tradizione ebraica, che altro non è se non lo spirito di una persona morta non è trapassata in modo corretto.

Facciamo una necessaria annotazione: il fatto che le anime siano o meno in pace non è comunque fondamentale per la raccolta della terra di cimitero, la presenza del morto è importante soltanto nel caso della terra di sepoltura, in quanto solo in quel frangente si va a chiedere l’intercessione di una specifica anima perché conceda il suo potere, secondo le proprie caratteristiche (vedi il ruolo della terra della tomba degli infanti nell’Hoodoo e nel Vodou). Comunque, queste due terre (di cimitero e di sepoltura), sono ben diverse l’una dall’altra, non solo nella funzione, ma anche nella prassi necessaria alla raccolta. (Un’altra puntualizzazione: si parla di terra di sepoltura, non di polvere di osso o di sudario, che sono cose ancora diverse, con altre funzioni, e del tutto slegate dalla terra di cimitero – se non per il contesto funerario e necromantico).

A chi obietta che il luogo consacrato a un altro culto non possa essere usato per il proprio, muoviamo due obiezioni.

Partendo dal presupposto che molti templi romani, greci, e pagani in generale, sono stati convertiti in chiese, seguendo questo ragionamento non sono davvero dei luoghi sacri della religione cristiana? O lo sono soltanto in virtù del fatto che una collettività vi si riunisce per espletare le proprie funzioni religiose?
È chiaro che tutto questo concetto si riassume in un sola parola: profanazione, non intesa come vilipendio, ma come l’atto di portare la propria fede all’interno di un luogo destinato ad altra espressione religiosa. Quando all’interno di un luogo di culto non si segue la fede al quale esso è consacrato, ma la propria (e nessuno può privarci della fede, o banalmente del pensiero magico, che caratterizza il nostro percorso spirituale), si sta compiendo una profanazione che, nella propria mente, ne altera e ricolloca il ruolo (religioso). Questo processo funziona tanto per un gruppo, quanto per il singolo. Ci vuole solo un po’ di accortezza e la capacità di giocare sulla sottile linea che divide ciò che è legale e legittimo, da ciò che è illegale e illegittimo. E delle trasgressioni bisogna sapersi fare carico e prendersene la responsabilità, perché può anche andare bene compierle, se attiene alla propria Via, ma davanti alla Legge non ci si può nascondere dietro ad una presunta religiosità del gesto.

Riguardo a questo punto, vogliamo suggerire anche un’altra riflessione. Poiché la Magia (non la Religione!) è un atto che si basa sulla Volontà e sulla fede, quanto valore ha una benedizione elargita dal ministro di una fede che non è propria? È il discorso del battesimo cristiano: nel momento in cui la persona diventa atea, o si avvicina ad un’altra religione, la consacrazione mediante battesimo non costituisce un limite per lei. Potrebbe decidere di svestirsi del sacramento ricevuto attraverso un rituale di spogliazione, se sente che è necessario in termini psicologici, ma in caso contrario il battesimo non comporta un’appartenenza spirituale sempiterna se la persona non vi dà alcun valore (appartenenza differente da quella sancita dai registri di culto, che riportano l’elenco dei fedeli – la quale non riguarda lo Spirito, ma la legalità e che può essere annullata con qualche modulo). Lo stesso discorso non solo può, ma deve, essere fatto anche per i luoghi. Altrimenti, una volta che il prete ha benedetto un’abitazione, essa resta cristiana ora e sempre, diventando inadatta per un pagano che cultua i suoi Dei e pratica Magia? E le chiese o i cimiteri sconsacrati, cioè privati della loro consacrazione? Siamo noi a dare valore ai gesti che gli altri compiono, e questo è valido ancor più per quello che discende dal sovrasensibile.

Un’ulteriore considerazione. Se sei Cristiano, interagisci con i tuoi morti attraverso il cimitero, in genere cristiano. Se sei pagano, e vuoi comunque bisogno di cultuare i tuoi morti, la Morte (se fa parte del tuo percorso), il cimitero ha comunque un valore e un ruolo di primo piano in questo, in quanto zona liminale deputata alla trasmigrazione delle anime. Quindi, se tutti (o la maggior parte) dei cimiteri sono cristiani, o i tuoi parenti sono sepolti in un cimitero cristiano, comunque lì devi andare per osservare le funzioni di culto necessarie alla tua religiosità o alla tua prassi magica. Forse la facciamo un po’ troppo semplice, in quanto molte persone si vergognano o si sentono in soggezione ad esprimere la propria religiosità (pagana) pubblicamente, anche nei limiti di quanto sancito dalla Legge, ma non si può pretendere libertà di culto e poi nascondersi o, peggio, vergognarsi.

Il cimitero, o più esattamente la tomba, assolve a funzioni religiose e sociali imprescindibili. Per un mago non è solo il luogo che testimonia la transizione dalla Vita alla Morte dell’anima del defunto, in questo modo riconoscendolo parte del collettivo dei Morti (ed eventualmente degli Antenati, a seconda di come questi sono intesi nella specifica Tradizione), ma anche un luogo di venerazione della memoria del morto e, non di meno, di pratica rituale. È anche vero che la sepoltura non è l’unico punto che permette un contatto con il defunto, ma è quello preferenziale, soprattutto per le offerte considerate “vivificanti”, ovvero cibo, libagioni e sangue.
Il cimitero è il luogo liminale per antonomasia, quello dove la dicotomia e l’incontro fra la Vita e la Morte si esprimono al massimo. È un punto di confine: varcarne le porte significa abbandonare il regno dei vivi ed accedere a quello dei Morti, o per lo meno entrare in un luogo governato dalla Morte, impregnato delle sue energie e per questo differente dagli ambienti in cui prolifera la vita. Si può intendere anche come un punto di passaggio, che fa da “ponte” e agevola la comunicazione dei vivi con i Morti, e dei Morti con i vivi – e questo riguarda tanto i parenti defunti, le anime che hanno necessità, quanto il mago che cerca il contatto con queste energie.
La pluralità delle molte morti degli esseri viventi – umani e non – si è concretizzata, nell’arco della storia umana (poiché solo l’uomo è in grado di attribuire senso e potere all’esistenza, definendo degli Archetipi e personificandoli) nella figura della Morte, priva di ogni attributo e caratteristica, semplicemente rappresentata dall’atto del morire, agente che recide la vita e concede il dono della morte. Il luogo di sua massima forza e venerazione è il cimitero, dove i cadaveri vengono riconsegnati alla terra, o la pira funebre, la sepoltura, la grotta che inghiotte la luce e discende nel sottosuolo, o in generale qualsiasi luogo fisico che entri in contatto con i corpi morti, o rappresenti simbolicamente il concetto del morire, o suggerisca l’idea dell’estinzione della vita e il passaggio dell’anima ad un’altra dimensione di esistenza.
Il cimitero è per questo un luogo di potere decisamente più significativo del semplice altare domestico per il culto dei Morti, che anche se costruito con la massima cura non potrà mai incanalare lo stesso potere di un luogo nel quale migliaia di anime hanno compiuto la propria transizione. Nel cimitero c’è anche la possibilità di un confronto diverso, più immediato e crudo. Lì la morte diventa un fatto reale, non un concetto astratto e lontano dall’esperienza quotidiana. L’altare domestico ha sempre una dimensione rassicurante, quasi confortante: se è per i propri cari rappresenta una speranza, un mezzo per lenire il proprio dolore, la realizzazione di una vicinanza al di là di tutto. Ma il lavoro nel cimitero, la meditazione sulla morte compiuta nel luogo dove la Morte regna, è un’esperienza che va a fondo nell’intimo, smuove paure ataviche, costringe al confronto costante con se stessi – perché se non riconosciamo la nostra immagine allo specchio, o essa ci appare distorta, o non coincidente con la nostra Volontà, non siamo in grado di tollerare neanche l’idea del morire. Forse è per questo che il cimitero fa così paura e si tende a raccontarsi che “non ci posso andare a praticare perché è contro la Legge”, “sono pagano, non posso andare a salutare i miei morti cristiani” o “sarebbe irrispettoso fare delle offerte diverse dai fiori”.

Arriviamo al punto saliente. Fermo restando che non forniremo prassi esatte, ma un’idea generale di quello che è il lavoro nel cimitero e con gli Spiriti che lo popolano, ci preme soprattutto fare alcune doverose distinzioni.

Qualunque cosa si trovi all’interno del cimitero appartiene ai Morti e alla Morte, è pertanto pregna delle sue energie e non più proprietà dei vivi, per cui prima di pensare a come prendere qualcosa, si tratti di terra di cimitero o altro, è necessario che il praticante stabilisca un’alleanza con il luogo, i suoi guardiani e i suoi “abitanti”. Lo strumento fondamentale è la devozione. Non siamo ipocriti, non siamo cristiani: la devozione è lo strumento per eccellenza, insieme al rispetto degli Spiriti alla stessa “persona” del praticante (la sua mente, il suo corpo, la sua anima). La devozione, cioè il servizio, non deve essere interpretata come un atto di umiliazione o un porsi in inferiorità, ma come un do ut des: un dare per avere, uno scambio reciproco, basato su doni (offerte) e di favori (azioni), che riguarda entrambe le parti, gli Spiriti quanto il mago, che è tenuto a compiere il primo passo anche quando è lo Spirito a manifestarsi per primo.

La devozione verso il luogo di potere si manifesta con la cura del posto. Nel caso del cimitero, per esempio pulendo le tombe più vecchie, di cui nessuno si prende più cura; portando dei fiori sulle sepolture dove ne mancano sempre; delle offerte secondo i loro gusti, ai defunti che manifestano delle necessità; e così via. Per quanto la Legge proibisca opere di manutenzione maggiori (come la riparazione della cinta muraria o la restaurazione di lapidi), si può sempre segnalarle al custode o al municipio perché prendano provvedimenti, o fare un’offerta per finanziare una riparazione, e comunque ci sono molte altre piccole cose, che non danno nell’occhio e non costringono a mettersi in gioco con altre persone.

La devozione verso gli Spiriti del luogo è materia complessa. Esistono Tradizioni nelle quali manca il camposanto, per cui l’interazione con le entità legate alla tomba e alla morte avviene in modo diverso e in posti diversi. Preso il caso di un classico cimitero, riprendendo un immaginario popolare, si identificano in genere quattro Custodi (alle quattro direzioni), i quali sono servi della Morte, ma non necessariamente defunti; e un Guardiano, in genere coincidente con il primo sepolto, o con chi ne ha assunto il ruolo. A questi cinque Spiriti si riservano sempre offerte particolari: è la loro alleanza a garantire la possibilità di accedere al potere del cimitero. Senza di essa si è dei profanatori agli occhi degli Spiriti (e non degli umani) e ogni gesto sarà trattato di conseguenza. Le offerte destinate ai Custodi vengono lasciate ai quattro angoli interni e/o esterni, quelle per il Guardiano sulla sua tomba o al centro del cimitero, se essa non è più visibile o distrutta.
In un cimitero esistono altri Spiriti, legati a elementi naturali di rilievo: molti alberi, per esempio, concorrono alla protezione del luogo. Anche a loro può essere riservato un culto particolare e l’alleanza garantisce la possibilità di raccogliere del materiale (foglie, fiori, corteccia, e così via – ovviamente senza danneggiare la pianta), impregnato di potere mortifero e gradita offerta sugli altari domestici dedicati al culto della Morte, degli Antenati e dei defunti.
Altri Spiriti sono quelli dei defunti, con i quali è spesso difficile interagire. Innanzitutto, non tutti i Morti sono Antenati: soltanto coloro che appartengono alla nostra linea di sangue lo sono, e a seconda della Tradizione la porzione si riduce ulteriormente (basti pensare che per i Romani erano Antenati i morti della propria famiglia fino alla terza generazione, mentre gli altri erano destinati all’oblio della memoria). Se già gli Antenati non devono nulla al praticante, questo discorso si massimizza considerando un defunto qualsiasi all’interno del cimitero. Se si vuole intraprendere questo tipo di operatività magica è bene fissarsi in testa che nessuno Spirito ha obblighi nei confronti del mago. Il rispetto e l’aiuto sono qualcosa che si guadagna. Deve quindi essere il mago a cercare di individuare quali Morti potrebbero essere alleati preziosi, capire quali vorrebbero esserlo e non disturbare quanti desiderano solo riposare. Il culto del singolo defunto, appartenente o meno alla propria linea di sangue, è impegnativo: è fatto di offerte regolari, cura dei suoi sospesi (e non sempre è facile risolverli) e richiede tempo per essere solidificato in una prassi spesso unica per ogni morto.
Un’offerta caratteristica è costituita da cibi graditi dal defunto (fra i quali in genere rientrano pane e carne) e libagioni (acqua e alcolici in particolare), ma anche tabacco, sigari e sigarette, fiori, monete (in cambio dei servizi resi), oggetti. La tomba diventa il luogo di scambio e di confronto, di culto e di dialogo, di servizio e di aiuto reciproco.
Dopo aver instaurato tutte le alleanze necessarie, e soltanto in quel momento, si può iniziare a pensare come raccogliere componenti di interesse per la pratica magica.
Ciò che proviene dall’interno del cimitero è considerato utile non solo per il culto della Morte e degli Antenati, ma anche per una gran varietà di pratiche rituali: per le maledizioni, le protezioni, i legamenti, gli incantesimi d’amore, per ottenere aiuto in frangenti specifici e così via. Non c’è un limite, purché ci si ricordi che l’aiuto giungerà, sempre e comunque, attraverso la Morte – non che questo comporti, per forza, il decesso di qualcuno o di un animale: si parla di archetipi e concetti.

La terra di cimitero ha un ruolo concettuale molto diverso dalla terra di sepoltura e da qualsiasi altro materiale collegato al morto o al cimitero. La terra è terra, non è polvere di osso, non è cenere, non è residuo di sudario. È terra raccolta nel cimitero, in genere al centro o in più punti (ai quattro angoli delle mura, sotto un cipresso, e così via). Prima di raccogliere la terra è necessario chiedere il permesso dei Custodi e del Guardiano, e lasciare offerte. Nella nostra congrega siamo abituati a dire che “la terra si paga”: in cambio, fra le libagioni e il cibo, lasciamo infatti monete – in ricordo dell’usanza greca di donare monete ai Morti perché potessero pagare il Traghettatore (Caronte). Le monete che lasciamo non sono un dono per quanti, avendo avuto una sepoltura secondo la prassi, hanno potuto compiere il passaggio, ma per i morti dimenticati che non hanno avuto sepoltura e che desiderano riposare nella terra.

Per quanto riguarda la terra di sepoltura, essa proviene invece da una tomba specifica. Anche in questo caso non c’è bisogno di danneggiare alcunché. Si può ottenere spolverando la tomba o prendendo un po’ di terra, se ha un’aiuola o è interrata. A seconda del punto dal quale la si preleva (la testa, il torso, le gambe) assume un significato leggermente diverso, in accordo con le diverse parti del corpo. Inoltre, un accento particolare è posto sul defunto: non solo è necessario il suo favore per raccogliere qualcosa dalla sua sepoltura, ma il materiale così raccolto sarà impregnato del suo potere, riflesso del suo ruolo in vita. Così la terra dalla sepoltura di un assassino servirà molto bene per opere di distruzione e maledizione; mentre dalla sepoltura di due innamorati sarà più adatta a suscitare buoni sentimenti; quella di un bambino per recuperare l’innocenza o una condizione di purezza; e così via.

Infine, la polvere di osso umano o di sudario non è necessaria, se non all’interno di Tradizioni molto specifiche e per prassi altrettanto specifiche. Per questo abbiamo scelto di non dilungarci in merito.

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